"Cacciucco e Ponce nelle storie livornesi" di Mauro Cusmai

230215 RecensioneLibroCusmaidi Renato Campinoti

Non si faccia ingannare il lettore attento dall'apparente agilità di questo libro che è comunque in grado di rappresentare, come pochi altri, gli aspetti essenziali della storia di Livorno e dei livornesi.

Scritto da Mauro Cusmai, un carissimo amico, dedito dal tempo della sua "età libera", al volontariato e a una instancabile e multiforme opera di divulgazione culturale, rappresenta una delle persone più serrate nella conoscenza delle vicende storiche e culturali di Livorno e della Toscana.

Il Cacciucco e il Ponce, emblematici di Livorno, da qui riesce a trarre spunto per farci conoscere di più e meglio tanti aspetti della storia della sua amatissima città e dei suoi abitanti.

È questo approccio, questa adesione alla storia cittadina che ci rendono partecipi delle vicende in maniera tale che ci sembra di essere lì quando i Medici, resisi conto della fregatura del porto pisano da loro scelto nel rapporto con i genovesi, sono costretti a spendere la bellezza di centomila fiorini d'oro per venire in possesso di quello che, con Livorno, diventerà il più importante porto commerciale del Mediterraneo.

Così come ci appare nella giusta luce la statua di quel Ferdinando de Medici con i famosi "quattro mori" che, come ci fa notare Mauro non sta schiavizzando gente di un altro colore, ma solo mostrare, insieme al cartiglio delle leggi Livorno (le più "liberali" del periodo!) quale sorte toccava ai pirati moreschi che osassero disturbare i liberi commerci di cui Livorno era porto di riferimento.

"Quindi il monumento" ci fa notare l'autore "posto di fronte al porto, costituiva un chiaro messaggio a mercanti e armatori… Potete stare tranquilli, noi i pirati li mettiamo in catene. Si trattava in pratica di uno spot pubblicitario". Un posto d'onore merita, in questa parte del libro, il legame tra la storia livornese e il cacciucco, un piatto che, nella fantasia più fervida, nasce addirittura dal divieto imposto al guardiano del faro di non consumare l'olio necessario all'illuminazione per friggere quella paranza di poveri pesci frutto della sua pesca giornaliera. Così da indurre il povero guardiano a fare quel miscuglio (mi perdoni Cusmai dei termini inappropriati) che è all'origine di quel piatto che opportunamente corredato di "sugo" (non di brodetto come da altre parti, ci avverte Mauro) costituirà il rinomato Cacciucco.

Più prosaicamente, mano a mano che crescevano lavori e lavoratori dediti ad attività pesanti, dagli scaricatori del porto ai trasportatori dei materiali ecc. era necessario trovare alimenti sostanziosi, pieni di proteine e grassi leggeri (come il pesce) e poco costosi. Il cacciucco faceva a Livorno, mi viene da dire, la funzione che ai muratori del Duomo di Firenze faceva il "peposo", ricco di calorie e di sostanze alimentari per gente esposta ai venti e alle intemperie quotidiane, fatto con la parte più callosa e povera del bove e con le vinacce di poco valore economico. 

L'importante, a proposito di Livorno e del Cacciucco, che non perda, quando Livorno diventerà anche una città industriale col suo bravo popolo di lavoratori, qualcosa di essenziale della ricetta originaria.in poche righe l'autore è capace di rappresentarci i passaggi fondamentali della città, da polo multiculturale come la pensarono e la vollero prima i Medici e poi, sulla loro scia, Lorena (molto bello l'accostamento che fa  Cusmai tra questa natura della Livorno originaria e le caratteristiche del Cacciucco che "non è semplicemente un espediente per non buttar via del pesce invenduto, ma è un prodotto di cultura, anzi per meglio dire di una multi cultura") a polo portuale industriale, fino alla Livorno del dopo guerra, con le sue caratteristiche in parte rimaste immutate, in parte modificate dalle logiche della motorizzazione e della moderna logistica.

Lascio al lettore le pagine anche quelle più gustose dove l'autore mette in campo sia l'elenco dei luoghi più rinnovati per mangiare il cacciucco, sia gli aneddoti o i sentito dire tipici dell'ironia e del senso di leggerezza dei livornesi di ogni epoca. Molto utili, tra l'altro, le pagine che Mauro dedica alla guida ai migliori locali, ieri e oggi, nella storia del Ponce.

Di uno solo vorrei fare anch'io una segnalazione: il Bar Civili di via del Vigna, 55 in una delle zone di accesso da nord a Livorno tra Viale Carducci e via Provinciale Pisana, non distante dalla sede storica dei Il Tirreno. In quel bar, in tempi lontani ma non troppo, provocato dal presidente dell'allora Cooperativa che stampava il giornale, mi è capitato di vivere partite a briscola e tre sette regolarmente perse dalla coppia presidente e suo vice e di pagare volentieri il Pollicino a tutti prima di recarci all'assemblea, io in veste di presidente della loro associazione regionale. Cusmai che con Cacciucco e Ponce ci fa storia, costume, ironia ti fa sentire ancora più livornese anche se, come il sottoscritto, ha sempre sostenuto che se fossi esiliato da Firenze, la nuova patria non potrebbe che essere la città Labronica. Grazie Mauro

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